Comunicazione indirizzo PEC - obbligo di regolarizzazione
COMUNICAZIONI AD INDIRIZZO DI TUTTI GLI ISCRITTI
DEL COLLEGIO INTERPROVINCIALE DI MILANO LODI MONZA e BRIANZA
non seguiranno comunicazioni via pec o mail
Entro il 1 ottobre 2020 tutte le imprese, costituite in forma societaria o individuale (queste ultime attive e non
soggette a procedura concorsuale), già iscritte al Registro delle imprese, che non avessero ancora comunicato il proprio indirizzo PEC (ora domicilio digitale), o
il cui domicilio digitale sia stato cancellato d'ufficio, o per le quali il proprio domicilio digitale, seppur dichiarato, sia inattivo,
dovranno regolarizzare la propria posizione con la relativa comunicazione al Registro delle Imprese
competente per territorio, in esenzione dall'imposta di bollo e dai diritti di segreteria.
La pratica va predisposta accedendo a Starweb e selezionando l'apposito banner
interno per l'accesso alla piattaforma 'DIRE', che offre un percorso guidato e semplificato di compilazione. Qualunque utente abilitato a
Telemaco può inoltre collegarsi alla piattaforma DIRE da https://dire.registroimprese.it.
La mancata comunicazione comporterà l'assegnazione
d'ufficio di un nuovo e diverso domicilio digitale e l'irrogazione di una sanzione
amministrativa come prevista dall'art. 2630 del codice civile, in misura raddoppiata, per le società (cioè da 206,00 a 2.064,00 euro), e come
indicata dall’art. 2194 del codice civile, in misura triplicata, per le imprese individuali (cioè da 30,00 a 1.548,00 euro).
Lo prevede l'art. 37 del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale” - che ha modificato l’art.
16 del D.L. 29.11.2008 n. 185, convertito con legge 28 gennaio 2009, n.2 e l'art. 5 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con legge 17 dicembre 2012, n.
221.
Inoltre, sempre secondo quanto stabilito all’articolo 37, sia le imprese costituite in forma societaria che le imprese individuali hanno l'obbligo di comunicare al Registro delle imprese il proprio “domicilio digitale” al momento dell’iscrizione. L'ufficio
del Registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione priva dell'indicazione del domicilio digitale, sospenderà la pratica in attesa che essa sia
integrata con l'informazione richiesta.
31 dicembre 2023 - CIRCOLARE PUBBLICA
AD INDIRIZZO DI TUTTI GLI ISCRITTI E DI TUTTI GLI ISCRITTI SOGGETTI ALLA SOSPENSIONE DELL'ATTIVITA
Si richiama sulla nuova formulazione dell’art. 348 del Codice penale, così come modificato dall’art. 12 della legge 3 del 11 gennaio 2018.
Il nuovo testo prevede:
- il forte aumento del periodo massimo di reclusione (che viene elevato da sei mesi a tre anni);
- l’aggiunta, alla reclusione, di una elevata sanzione pecuniaria (mentre nel precedente articolo la sanzione pecuniaria era alternativa, e non aggiuntiva, alla pena detentiva);
- il fortissimo aumento della sanzione pecuniaria (il cui minimo passa dai precedenti 103 euro agli attuali 10.000 euro mentre l’importo massimo passa a 516 euro e 50.000 euro);
- la pubblicazione obbligatoria della sentenza;
- qualora il soggetto condannato faccia parte di un Albo professionale, la trasmissione obbligatoria della sentenza a questo ultimo per l’applicazione di provvedimenti disciplinari;
- l’ulteriore inasprimento della pena, sia detentiva che pecuniaria, nei confronti del professionista che induca altri ad incorrere nel reato di esercizio abusivo di attività professionale.
Il nuovo testo dell’art. 348 cp, entrato in vigore dal 15 febbraio 2018, è il seguente: “Esercizio abusivo di una professione Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è
richiesta una speciale abilitazione dello Stato [c.c. 2229] è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. La condanna comporta la pubblicazione
della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o
attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente
esercitata. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di
cui al primo comma ovvero ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.”
Con il fortissimo inasprimento delle sanzioni penali e -congiuntamente- di quelle pecuniarie, sI è voluto creare un effettivo deterrente all’esercizio abusivo dell’attività professionale, così
rafforzando l’importanza dell’appartenenza ordinistica per svolgere determinate attività nonchè la funzione degli Albi professionali.
Deve infine essere valutata l’applicabilità del nuovo art. 348 cp anche ai soggetti iscritti in un Albo ma sospesi -per qualunque ragione-; più precisamente se sia da considerarsi “reato penale”
l’esercizio di attività professionale da parte di un iscritto all’Albo che abbia a trovarsi in condizione di momentanea sospensione.
Per rispondere a tale domanda occorre riferirsi alla “ratio” del citato art. 348 cp, volto a tutelare sia la fede pubblica che l’interesse generale a che determinate professioni vengano
esercitate esclusivamente da chi sia in possesso degli specifici -ed elevati- requisiti di competenza tecnica e culturale richiesti dalla legge, e li mantenga nel tempo, insieme a particolari
requisiti morali, il cui controllo e verifica sono deputati i rispettivi Albi professionali (da cui ne discende l’obbligatorietà dell’iscrizione).
Essendo pacifica la circostanza che l’iscrizione debba essere effettiva ed attuale (cioè nel pieno rispetto di tutte le disposizioni di legge) appare evidente che la sospensione dall’Albo,
facendo venir meno il presupposto dell’ attualità dell’iscrizione, impedisce all’iscritto sospeso di esercitare la professione e, nel caso egli la svolga, lo fa incorrere nel reato penale di cui
all’art. 348 cp.
In questo senso milita anche la giurisprudenza di merito (Corte Suprema di Cassazione penale, sentenza 24 maggio 2007 n. 20439 nonchè sentenza 6 maggio 2014 n. 18745).